lunedì 2 giugno 2008

I nostri padri

Sono nati
e avevano fame.
Si lottava per un letto
un tetto e un pezzo eppiù di pane.
Sono cresciuti
sotto un tetto, con una moglie
un letto e una cucina in affitto
Chiusi in una fabbrica dove il tempo
si stringeva attorno ad uno soltanto,
il padrone, che affrancava nel profitto
la propria fame gettando nel piatto
un misero tozzo di rancido pane.
E quasi in silenzio
borbottava uno stomaco
appeso appresso all’altro, alla catena
del rumore a martello come di sangue,
alle tempie, il brusio del fischio
ad alta pressione
Per otto ore...
Ma sono vecchi, e scordano l’indigenza
e le dottrine di chi poco ha ottenuto
oltre un po’ di tossica sussistenza.
Padri che siete, raccontateci... A noi, che rimane?
E non dimenticate nemmeno le polveri della guerra
che i vostri scrollarono su di voi, affinché nulla
di ciò che restava del dolore fosse perduto
dentro il vestito della ritrovata festa.
" Sopra macerie di dottrine crepate
giacciono in pace, perché
sono nati, e senza fame,
dentro una vita
presa in affitto "
Dite qualcosa
che strida nel sonno
prima che questo sia l’inciso
alla nostra ignota generazione

4 commenti:

Bionicole ha detto...

stupendamente vera

Pandora ha detto...

Mi hai colpito in modo forte, intenso
Pandora

Daniele Verzetti il Rockpoeta® ha detto...

Diretta come un pugno nello stomaco. E assolutamente vera.

D21 ha detto...

ottima fusione di testo - forma - sentimento, grande!