venerdì 30 maggio 2008

Quali frontiere barricheremo?

L’altra sera ero casualmente impegnato in una di quelle chiacchierate a stomaco pieno, che non pretendono certo di distogliere l’attenzione dalla digestione, ma che iniziano, forse, nel momento migliore per afferrare la sincerità nelle parole di chi normalmente, lontano dai pasti, deve spendere troppe energie per domare a calci il proprio pensiero.
Non potendo permettersi di impegnare il cervello su due fronti, contro il cibo e contro la libera espressione, trascorre il tempo della panza piena sciorinando il personale vangelo. Quello che, per esser maturato nella memoria, riempie l’ambiente come un fiume in piena.
Un degno commensale di casa Osbourne, proprio uno di quelli con seri e rumorosi problemi di digestione, sbotta dicendo che i gay sono dei deviati e gli fanno schifo! Sono solo dei pervertiti!
- Malati direi. Anzi, alla stregua dei pedofili suppongo... - Ci fa sapere di essere anche contro l’aborto! - Ma pensa! Anche il tuo DNA s’era pervertito? Che pessimo scherzo - Per lui la legge sulla fecondazione assistita è più che giusta
- Te l’avessero chiesto... L’integralista cresciuto in una provetta assistita in un laboratorio di Saddam. Usa le parole " madri assassine " – Però i negri e tutti gl’altri extra possono restare, - Oooh, un Satana senza forca né corna, allora - ... finché servono, e regolari! Che lavorino, non vadano a riempire i nostri bar, e non stiano sempre a raccontarsela nelle stazioni. Che le pago anch’io! E sono già luride per conto loro! - Opperbacco! Quante volte la settimana hai detto che prendi il treno? Aspetta che programmiamo i rastrellamenti della cooperativa SS, salvezza e sicurezza (per chi fosse dell’ambiente: coop Sissignor Senatur).
<< E, e...quelle moschee dovrebbero demolirle tutte. Raderle al suolo. Ma che credete combinino tutto il giorno lì dentro, secondo voi? Trafficano chissà cosa e organizzano attentati chissà dove >> – Costruite templi capienti! Dovranno contenere i grassi, loschi traffici di Allah, nonché il tritolo per far saltare i suoi fratelli... Parole del profeta!?!
Se vi state chiedendo che gente frequento, tranquillizzatevi! Non sarò il solo a frequentarla.
Alcune delle persone amiche con cui magari quotidianamente vi intrattenete anche per un caffè, potrebbero dirne forse di peggiori. Probabilmente tutto finirebbe in quattro risate e, per quanto amare da parte vostra, non avrebbero altra pretesa che di assecondare delle eresie, in cambio di cinque minuti in più lontani dallo stress, fuori dall’ufficio. Di noie ne incontriamo quante bastano ad occuparci la giornata, se cominciamo a cercarle nelle pause, nemmeno la notte garantirebbe uno spazio isolato per il sogno dei giusti. Ma poniamo il caso di voler controbattere a simili frasi fatte, costruite e distribuite nel comodo formato 'slogan'. Di voler ricacciare in gola al clone del miglior Ozzy, con le dovute argomentazioni, ogni singola parola. Che dire? Spiegare cosa? Mentre lui senza mirare lancia cannonate, io, con tutta la buona volontà di centrare il bersaglio, non posso altro che mandargli il rumore della mia pistola a salve. Pare così forte, nascosto dietro il fumo della sua artiglieria, da persuadermi quasi a credere le mie argomentazioni come dei bei, quanto inutili fiori lanciati a pioggia sul campo di battaglia. Il pesante fracasso di quella bocca appesa sotto il naso a stirargli gl’occhi, obliquamente spalancati a rovesciare il mondo, non può che distogliere la vista dai colori attorno. Probabilmente è una mera questione tecnica. Forse non si rende conto che le palpebre funzionano meglio se schiuse orizzontali.
Limitandomi a raccontarlo in termini di paragone, e tentando quindi di appendergli un’etichetta, potrei definirlo Razzista? E se così fosse, perché non mi sento tranquillo della gabbia in cui l’avrei rinchiuso? La parola ‘Razzismo’ stimola nei miei ricordi storie di battaglie lette e raccontate nei libri di storia. Scene di galee imbottite di schiavi legati ai remi. Afroamericani piegati e sudati come macchie su campi di cotone. Non riesco a non pensare alle tante lotte per la conquista dei basilari diritti civili in America e in SudAfrica, per esempio. Alle manifestazioni non violente di Gandhi. Alla soluzione finale prospettata dal Terzo Raich. Nella mia memoria insomma, vedo il Bianco e vedo il Nero, e tanto Rosso sangue. Riesco a scorgere nitido ogni colore di quell’arcobaleno civile che s’appoggia da sempre sul mondo intero. Adesso pare tutto più difficile. Sarà la globalizzazione a giocare mescolando quei colori, o una moda sociale ricorrente che sta passando esattamente sopra il sole e niente riflette bene come prima, ma, secondo me, il razzista, almeno nel mondo che noi conosciamo, esiste solo in cattività. Ci sguazza, ma nelle mani di un ottimo veterinario e di un accorto guardiacaccia, da lì non scappa.
A dare del razzista ad uno che non abbia lo scalpo di chicchessia in mano, o che non sia accuratamente certificato D.O.C come tale, si incorre nella scivolosa condizione di afferrare un fenomeno con la giusta intenzione di denunciarlo, usando però una pinza troppo grande e pesante perché l’operazione non appaia a tutti quantomeno eccessiva. Detto altrimenti, la sproporzione dei mezzi per la causa, suscita un’ilare indifferenza. Denunciando a sproposito razzisti nascosti in ogni via buia della città, si toglie peso ad un termine cresciuto con la storia, da usare se necessario rompere il vetro e si grazia, con l’impunità pubblica, chi vive nella quotidiana Intolleranza.
Il muro del Razzismo si è frantumato. E’ come fosse esploso in tante minuscole macchie d’olio sulla superficie limpida ed increspata della nostra esistenza. Allo stesso tempo però si è depotenziato disperdendosi, non certo irreversibilmente, nella moltitudine di isole che siamo. E siamo tante. Incapaci fisicamente di organizzare un solido fronte comune, esattamente come della macchie d’olio. Considerate che se i confini di ogni chiazza opaca si stringono, sicuramente si ridimensiona l’uso della valvola razzista, ma nel contempo aumenta la pressione della diffidenza e dell’intolleranza. Le più pericolose sostanze disciolte naturalmente nel sangue umano e che, oltrepassati incerti limiti, lo fanno ribollire.
Penso alla ragazza mentre aspetta il tram. Nascosta tra una folla di cui essa è la figlia di razza. Non si cura apparentemente di nulla, se non della voce al cellulare, il suo mondo nella mano. Non vede, non sente, ma bastano quattro suoi decisi passi indietro, l’occhio dato per disperso che si fa attento e sottile, per capire che s’è accorta della strana famiglia venuta da un extra-lontano. Radunata ad aspettar lì il mezzo, ancor prima che il suo mondo le squillasse in mano.
Che dire della donna di mezz’età imparruccata dalla domenica, che scambia il make up mattutino per il trucco della guerra tribale? Un posto nel bus certamente vale uno sguardo arcigno e una frase scortese ad una giovane indiana.
- Non ti sei marcata gl’occhi di nero-blu per la battaglia sta mattina? - E’ questo il prezzo da pagare, per rivendicare il proprio diritto di cittadinanza, in quest’Italia spalancata e piccolina.
Sembreranno, i miei, nient’altro che esempi sospettosi e paranoici. Potrei procurarvene una lista di ben più gravi, ma svierebbero solo l’attenzione dalla paradossale leggerezza dei fumi tossici abbandonati dal razzismo. Diffidenza e intolleranza si sono sprigionati dopo la caduta di quel muro a difendere ciò che apparentemente rimane del nostro sminuito territorio individuale.
Eravamo i bianchi, i ricchi, i veri cristiani, i detentori del Diritto (a tutto!), i conquistatori della cultura più avanzata. Ignoranti ciascuno la sua parte, ma consapevoli di rientrare in una delle dette magnifiche categorie. Comunque altro, almeno molti lo credevano, dalla restante parte, da quel sottomondo che poteva solo esser colonizzato, ma non salvato. In mezzo, si ergeva a monumento divino, il muro del Razzismo. Ora non può esser più così, e non ritornerà mai diversamente.
Sottocoscienza sappiamo tutti gli uomini essere uguali. Miliardi di cervelli, nasi, occhi, bocche, mani, piedi tutti letti sopra la medesima mappa senza specifico colore, moltiplicati ciascuno per gli altrettanti diversi errori di interpretazione. Ah, stupendi scherzi della natura che siamo!
In casa, in ufficio, o per strada la prova scientifica dell’uguaglianza l’abbiamo sempre con noi. Ma non lo sapevamo. Chi l’avrebbe detto saremo rimasti senza alibi? Frustare il 'negro', anche con le sole parole, come fosse un bastardo randagio e pidocchioso. Pensare all’handicap su due ruote e non all’uomo che portano, assecondando a passo svelto il brivido dei senza speranza. Alzare al cielo la croce per mettere in fuga Allah, non ci è più concesso senza sudare sotto il peso dei sensi di colpa, o senza che qualcuno senta il dovere di additarci al pubblico giudizio. Inchiodati, nonostante tutto, all’incontrovertibile responsabilità verso il prossimo, nostro fratello, gli dobbiamo la dignità d’esser vero come noi. Legittima come la nostra sarà la sua cultura, unica quanto la nostra la sua religione, forte non meno della nostra l’aspirazione ad una sua economia. Il tutto evoluto secondo la sua diversità. Ma allora quest’uomo, ‘nuovo’ solo perché ci si era persi di vista, ma vero adesso come noi, intenderà muovere i suoi legittimi confini verso quale direzione? Invaderà i nostri limiti culturali, economici e religiosi? Oppure vorrebbe allacciarli ai nostri pacificamente? Ci barrichiamo e selezioniamo con maniacale perizia, o apriamo le porte e l’accogliamo? Nella seconda ipotesi, chi ci assicura che quello non ci conquista e deruba? Poche epocali domande con un’unica valida risposta. Chiuderci all’interno non è più possibile. Semplicemente perché è impossibile.
Quell’uguaglianza, questa impossibilità unite dalla incontestabile umana diversità, non possono che generare una viscerale diffidenza. Il biglietto d’ingresso per un piccolo mondo piegato dall’ansia dell’intolleranza, oppure seme critico per coltivare dialogo con la speranza di farlo crescere in una sterminata valle assolata. Oggi, ogni interesse particolare che escluda volutamente altri da evidenti benefici, facilmente è inteso come meschinità semplice e pura. Le voci girano meglio di ieri. Allora mi domando come mantenere i nostri giocattoli senza apparire meschini. Come rubare le caramelle ai bambini 'diversi', senza passare per ladri pervertiti.
Un razzista mi risponderebbe che al randagio non devo nulla, e se intendessi fregargli l’osso non avrei da chiedere alcunché.
La realtà, invece, m’assicura che ora, e mai come adesso, non sono solo affari nostri. Se rubare e tenere, o restituire e offrire.
La scelta sarebbe ovvia, ma com’è ovvio l’animo umano bestialmente ladro, rubiamo, teniamo e ogni tanto restituiamo, non scordandoci di tirare la catenella.
Ciò che spaventa è l’esser proprio tutti così maledettamente uguali.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

...sempre interessante quello che scrivi, e bello da leggere...
...personalmente credo che i numeri fanno la storia, le maggioranze che diventano minoranze e viceversa...in tutto ciò che è successo nella storia dell'uomo vedo questa chiave di lettura...esempio: ora i cinesi sono 1,5 miliardi, se si prendono x mano (assumendo 1 "solo" metro da mano a mano) coprono l'equatore decine di volte...anche chi non vorrà dovrà aprire la recinzione del suo piccolo orticello di provincia e smettere di ignorare...e lo farà stanne certo, oppure lo farà qualcuno di loro x lui...un saluto Ale

ASTERIX ha detto...

ciao mauro, letto e riletto e riletto ancora ...sai alla mia eta' e' meglio leggere tre volte prima di farsi un opinione ...ma andiamo oltre ,in primis ti prometto che faro' il pinocchio ,anche se gli altri membri del team hanno storto il naso,secondo la risposta te l'ho scritta ,la terza e ultima e' ....non mollare questo blog perche' rivedo molto dei miei anni e anni quando coie' avevo la tua eta' e nel dirti ottima scrittura ottima ortografia e ottime idee,la domanda a questo post e' ma alla fine hai digerito o vomitato?MHA ai posteri....
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