mercoledì 16 aprile 2008

E' arrivato quello del gas!

Quando il nord-est si sveglia, lavora. Quando il nord-est dorme, lo fa perché il giorno dopo lavora ancora. Sarà pure una virtù leggendaria e, se vera, magari necessaria, comunque sia lavorare stanca, davvero; e non solo. Se non ti muovi con le dovute cautele rischi pure di lasciarti prendere dalla realtà e rimanerci secco, perché sono pochi gl’euro che ti passano in busta e con quelli puoi distruggere molti dei desideri che ti si sono accumulati nel frattempo nel cervello e i desideri frustrati si chiamano anche col nome piuttosto sgradevole di invidia e... e se vi racconto che negl’ultimi tempi ho lavorato non è certo per stupirvi, per lasciarvi increduli di fronte alla mia finalmente trovata remissione alla fatica! Quei soldi mi servono quasi come fossero aria, perciò sono salito in sella ad una bicicletta nera arrugginita dalle botte, con i freni di mio nonno ad asticelle di metallo incernierate, e di gambe ho preso a girare per centri di piccole città che crescono. Un Tetris in calce colorata fetalmente rappreso attorno ad una chiesa, un municipio ristrutturato di fresco, una farmacia, qualche baretto magari costruito pure di recente, ma con l’odore del vino, del tabacco fumato sulla panca di legno all’ingresso e del vecchio dentro con un gomito sul banco, chiedendo se molto gentilmente potevo leggere un cacchio di sporco contatore del metano, che non di rado sta incastrato dove la fantasia nemmeno immagina. Se l’è decisamente scordato fintantoché bussa uno come me, col mio cartellino di riconoscimento: "Salve! Sono quello del gas!", e quello del gas è lo stesso che fa arrabbiare anche i cani più mansueti così, di solito, eravamo in due a cercare per cortili frugando tra le siepi, in due a correre uno avanti all’altro e non certo per giocare a guardie e ladri, ma uno solo ringhiando con l’avido pensiero puntato sulle mie chiappe.
Chi mi conosce sa quanto tema l’alienazione che solitamente si prende sgobbando come fosse una malattia, anche se, lo ammetto, oramai non è nel lavoro il luogo più scontato dove si acquistano certe pessime abitudini. Per esempio: uno studente d’ingegneria rimane un soggetto comunque a rischio, e per evitare di abbandonarmi in un mondo parallelo, fingo di non essere uno studente d’ingegneria, oltretutto con scarsa dedizione alla causa, e mi convinco di tanto in tanto di sapere cosa significhi lavorare, raccontandolo.
Il mio guaio in definitiva sta nell’immaginazione. Nel vedere le cose attraverso, che magari neppure sono, però costruisco lo stesso una dimensione degna di loro, involontariamente, a volte con uno sbuffo, perché entrare nelle case all’improvviso, un giorno piuttosto che un altro, è un po’ frugare nell’intimità umana. Nemmeno ti pettini se non aspetti visite, no?
Sono trascorse due settimane dentro e fuori un ciclo di vite d’alti e bassi, spesso tirate in una media desolante di vuoti da seppellire, o solo nascosti, oltre mura di cinta da misurare col naso all’insù.
Tanto che, semmai abbia interrotto alcuno dei rari padri a giocar sull’erba con i loro piccoli e in barba alle previsioni di una bolletta salata in arrivo, ad un certo punto ho dubitato fossero mandati in scena da quelli della 'Mulino bianco' apposta per me (Ho sempre meditato d’avanzar qualcosa dal conto che hanno aperto con me quand’ero un ancora bambi!).
Com’è possibile dimenticare la cucina di un uomo sulla sessantina che pare abbia ispirato figure mitiche come Obelix, che gioca con le dita tra le bretelle, mentre con un mesto sorriso simile a quello di chi si ritrova solitario dopo una lunga splendida festa, mescola del ragù sul fuoco e dice: "E’ troppa carne, ma mi creda, lo faccio solo per me!". La solitudine per qualche istante lascia uno spazio al cibo, vero...
O quella donna che sente il tocco del campanello, io non sento lei, di certo sarà la solita vecchia sorda che tenta di convincermi che sono un poco di buono, perché ‘quello del gas’ è passato la mattina precedente, e mentre io insisto, al campanello, si sporge dal terrazzo, gracile al vento, sistemando il fazzoletto sulla testa per coprire un’assenza che non è semplice calvizie, con le poche forze scovate nell’agitazione. "Mi scusi", dice, "Sto male, ero a letto. Potrebbe saltare il cancello? Sa, vivo sola e non ce la faccio a scendere. Mi scusi tanto, tanto...". Si figuri... E salto in tutta fretta quel ferro scrostato per togliermi alla svelta il pensiero del fazzoletto. Intanto il sole di un maggio pianto e non previsto continua a picchiare come prima, su tutti, e due civici in là tiro d’abbasso uno spettinato grigio e bolso che mi chiede d’evitare di rompergli le palle chiudendomi gentilmente la porta in faccia, ché lui è di turno la notte e alle undici del mattino ancora dorme. Che lo lasci in pace, diamine! Giusto...
E di civico in civico, conto fino a dieci e non ci credo, perché la strada è già finita e i palazzi alti abbastanza sono lontani, s’affacciano sull’altra via. Sull’uscio padri o figli che, nonostante un sorriso di pace, butteranno i vestiti sporchi di calce e pittura solo a sera; altre volte, madri o figlie che scordando i minimi convenevoli, indicano che… ”E’ di là!”, con un dito o un cenno del capo. E tu, ‘del gas’, passi incrociando una famiglia intera che aspetta nervosa con la speranza che si faccia a tempo a buttar giù qualcosa. Rumeni, albanesi, marocchini, ma soprattutto italiani, tanto per fugare qualche dubbio, annidati come pidocchi in stanze ricavate a nido d’ape. Sono tanti, forse troppi in quel posto, famiglie intere per le quali è quasi l’una. Alla fine un profumo di stufato, di ragù, bolle anche nel peggiore dei casi. E il fritto!…e chissà se saranno cinesi. Venti? Trenta? Quelli di ieri nel casapannone, nemmeno si sono girati a guardare chi osasse suonare la campana, chini, non gli sarà concesso, ho pensato. S’avvicina una bimba dagli occhi a mandorla e tanto brevi, e parla, parla, parla a lungo…mi confida quasi l’intero album di famiglia, e chiama sua sorella che è appena arrivata da una regione contadina di una Cina che non saprei neppure se esista, e non afferra una fregola d’italiano. Ma perché l’avrà fatto? Mi chiedo…poi un inchino, e un altro ancora, intendo che non hanno capito nulla, in fin dei conti sono un mezzo becchino, non lascio scampo, i numeri sono numeri, e soldi da pagare…piuttosto mi crederanno una sottospecie d’autorità giudiziaria con il tesserino appeso e un computer in mano, e mi pregano quindi d’entrare. Trovo quel che cerco e vado oltre. La bolletta arriverà malgrado l’inconcludente mediazione culturale!
E due settimane se ne sono andate che tante altre storie avrei, ma oltre, adesso, il mio fegato già provato dal vino e dalla birra ne risentirebbe fatalmente. Dodici giorni dalle 8 alle 20. Mai il tempo e la voglia di un giornale. Fuori dal mondo, in un altro mondo. Così l’ultimo giorno decido di rimettermi al passo delle notizie più recenti, almeno il governo, dai che ci sarà ancora! E c’era... E con lui Mastella, malgrado le piaghe da decubito sul sedere. La prima pagina se la gode dapprima LucaCorderoDiMontezemolo mentre butta un occhio all’orizzonte con fare sognante. Vede il morto di fame che finalmente spende! E credetegli, sorride e sta in coda alla cassa! Poi…ecco che esce a saltelli da un buco di luce, ha una tìvì al plasma e tanti frugoletti che gli girano intorno, si appendono alla giacca. Sono impazienti che non stanno più nella pelle dall’emozione! Tremila euro per la tìvì è stato un vero affare per tutti. Anche meno per il negoziante che non se li gode più di tanto, dovendo già pensare all’altro in fila con la lavatrice. E via, via, uno in coda all’altro a costruire il sistema paese!
Mai nessuno che tiri la giacca a LCDM per ricordargli che rappresenta quelli che dovrebbero pagare il morto di fame, quello sfigato d’un pellegrino che persiste testardo a non togliersi mai la fame, o almeno qualche sfizio…il famoso anello mancante, altro che cuneo fiscale.
E nel fondo, Bagnasco, subito in serie a LCDM. Molto autorevolmente confessa come da un po’ di tempo sogni poco, non visioni, più che altro suda per via degl’incubi; è come se mezza Italia volesse metter su famiglia senza invitarlo alla festa, e con il solo pretesto che lui non imbrocca la lista degli invitati. Non c’entra proprio secondo loro…
Mi sento più esausto di prima, comincerò l’aggiornamento l’indomani. Sorvolo sulla seconda pagina dove arrivano i nostri con Prodi in testa, ma in mezzo, o ancora in testa. Finisce fuori dalle file laterali, si son fermati quelli in prima linea e non hanno avvisato. Nel parapiglia tutti vociano, l’uno finisce addosso all’altro compagno che ha frenato bruscamente... Alla fine s’è persa la testa…

Cari miei,

io vi propongo un giro a tutti, a chiedere: "E’permesso? Leggo i contatori del metano..." .

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