mercoledì 9 luglio 2008

Appunti Frank H C

Ho un delirio in testa di voci che non mi lasciano chiudere occhio sta sera... Solo vorrebbero essere coperte, a tacere, da un breve racconto come messe via nella storia di un fiammella che s'andava spegnendo. Se m'ascoltate, fate come foste a casa vostra. Io parlo, butto lì due appunti e prendetevi una birra. Sono tante lattine nel frigo che ronfa un ronzio da vecchio spolmonato, tutte lì perché le avrete portate voi. Scusate se non v'aspettavo e sono finite.
Inizierei da ieri mattina in cui, pensate un po', mi sono svegliato e come d'abitudine avanzando verso il fornello per metter a bollire del caffé, rintronato accendo il cellulare per connettermi col mondo il prima possibile. Subito suona un messaggio e penso a qualche cristo gentile che mi manda il buon giorno. "Non voglio più saperne nulla di te!"... Tié! Beh, questo chiaramente era sott'inteso...
Certo non m'ha messo l'oro in bocca, però mezza risata è andata bene comunque. In fondo si trattava di una ragazzetta con cui sono uscito poche volte.
E' successo che ieri sera in un momento di pausa stizza l’ho chiamata e ancora mi chiedo perché m’abbia risposto e perché l’abbia chiamata. La piccola già nella voce rantolante esprimeva un rancore che covava dentro da molto tempo, quindi non necessariamente a causa mia. Problemi suoi. In sostanza ci tiene a mettermi in guardia che, a conoscermi, sono una tipica specie di stronzo perché non mi sono fatto sentire come voleva e, credo, cose del tipo una volta al giorno, per tranquillizzarla e assorbire le sue paranoie. Cose del tipo che già sapevo. Ne tiene parecchie in testa e veramente di inutili. L’ultima volta in tram mi chiese se tenevo il telefono acceso metti il caso che alle tre di notte le venisse di raccontarmi un brutto sogno, ed eravamo solo alla terza volta in tram insieme. "A quell’ora di solito dormo". Ci pensa un istante “Ma non lo faresti per me?"... Il punto è che mentre parlava e poco prima che buttasse giù il telefono, mi sentivo quella pesantezza che intendeva farmi capitolare in disgrazia per il solo piacere di origliarmi a soffrire. Ero a casa di amici con altri amici. Cibo, birra e un film demenziale: puttanate. In pochi secondi già pativo la mancanza delle voci dentro l’altra stanza. E poi nulla più; butta giù il telefono.
A volte le persone, quando desiderano qualcuno, forse inconsapevolmente s’arrischiano a farlo soffrire come pensando d’aver conficcato un amo in bocca al pesce e con un po’ di strattoni al filo indebolirlo per avere vita facile nel tirarlo in barca.
A volte, le persone, fanno soffrire altre persone perché quelle vogliono loro molto bene e soffrono nel veder le prime dibattersi in certa incomprensibile malinconia della vita come un pesce fuor d’acqua in cerca d’ossigeno.
Amare significa comunque o soprattutto non far necessariamente soffrire. Piombarle, mentre vorrebbero volare e magari proprio in tua compagnia. Perché tu soffri, perché tu credi di non tenerle ecc...
Che scoperta direte! Beh, no!... Già lo sapevo questo, però devi prima sgombrare la tavola dalle zozzerie della sera precedente. Devi sentirlo in vena che fluisca da solo, naturalmente…per esempio, c’è chi un giorno, un grande uomo, ha confessato d’aver incontrato spesso il male di vivere. E io vi dico che quel male non si può nascondere sotto una garza. Va curato, disinfettato, cicatrizzato. Altrimenti più passa il tempo più puzzerà di marcio e malattia. Io m’annuso e mi par di non puzzare più. E non da ieri.
I giorni scorsi sono stati qualcosa di eccezionale. Un duro colpo l’idea che possa star male la mia Charlotte a cui, per quanto non sia sembrato in questi tempi per via di quell'addio, tengo molto. Contorni aggiunti serviti vari poi hanno fatto il resto. In fin dei conti sono l'uomo radiattivo che rimane tenuto fuori dalla porta d'ospedale.
Charlotte ha pensato un giorno che mi fossi affascinato focalizzato su un lato suo triste... e questa cosa m’ha scompigliato i neuroni perché cercavo Charlotte per tutt’altro. La gioia, la forza e la passione che ci metteva nel vivere, senza sconti. Speravo, forse, ne avrebbe infusa un po’ anche a me che in quel periodo non me la passavo poi tanto bene... Perché in quella voglia di vivere, almeno in quello e scusate se è poco, eravamo d’accordo. Provare tutto e di ogni cosa fino all’essenza. Si incontrano poche donne e uomini così nella vita.
Le persone di certo non nascono per soffrire, però alcune vengono al mondo o crescono tali per sentire più di altre che magari finiscono per scrivere appunti su foglietti sparsi sognando la letteratura vera, perché dentro hanno un mondo di sentimenti loro e presi in prestito, assorbiti come spugna dall’intorno. Ma un giorno sono diventato sordo e s’è messo a fischiarmi il cervello nel silenzio della mia solitudine. Il bello è che non ero solo, ma una botta diversa presa male m’aveva assordato e rincoglionito.
Ora comprendo meglio come non ci dovremmo permettere mai con nessuno un tale comportamento. E dico a me e a voi che non si ruba l'anima agl'altri! Però quando sei nel tunnel senza luci, credetemi, non sai proprio che fare. Un tempo di luci ne vedevo davvero poche. Questione di prospettiva, adesso che mi soffermo a scriverci sopra, mentre allora era così e basta.
Mi sono distrutto, ad un certo punto, convinto che non avessi nulla da offrire, nulla che valesse la pena per altri d’essere preso da me. Capite che quest’idea chiude le mille porte che sfiori ogni giorno in un circolo vizioso e senza scampo, in cui pure quelle oltre le quali una voce invita ad entrare ti vengono sbattute in faccia. Perché in cuor tuo ti sei arreso all’assurdo pensiero che sia inutile, sterile, per entrambi: entrarvi. Senza aver nulla da dare... E' terribile questo ed era il mio problema. La perdita del senso delle cose per cui non valeva quasi nemmeno la pena di svegliarsi la mattina.
Da solo, con le mie mani, mi sono così rinchiuso in una prigione di solitudine e ho buttato via le chiavi. Arrivai al punto che non mi saziava più nulla perché nulla mi serviva più. Rifiutavo il rancio anche se non è poi tanto cattivo come dicono. Figuratevi che capire questo nel tempo trascorso non è un passo da poco. E sappiate che tuttavia sono sereno, semmai ve ne fottesse un niente; ma siete qui con le birre e questo vorrà pur dire qualcosa. Sono preoccupato, torturato, terrorizzato dal pensiero in attesa di quei referti, tutto quel che si può dire insomma, ma sereno. Magari non è il termine giusto "sereno" per intendere più forte senza rinunciare alla sana pazzia ovviamente.

"...Perché quando permettiamo alla nostra luce di risplendere,
inconsapevolmente diamo agli altri la possibilità di fare lo stesso.
E quando ci liberiamo dalle nostre paure,
la nostra presenza automaticamente libera gl’altri."

Non ricordo chi le disse, me le sono portate dentro per molto tempo. Nascoste le osservavo meditando cosa farne, come potessi utilizzarle, piccolo uomo che sono senza fegato.
Ho capito che la luce è diversa cosa e indipendente dalla tristezza o dalla felicità. Sono semplicemente essenze separate, non divisibili, ma distinte. Tanto che ci può esser luce nella felicità che in tristezza. Ma scoprirla, ad altri, è compito nostro. Pena, apparire spenti in modalità stand by, ma in attesa di nulla. La paura è altro dalla malattia, dal male di vivere. Semplicemente è debolezza in conseguenza del non saper più vivere tutto compreso. L’istante. Da qui fino a quando sarà...
Ammetto che sta cosa com'è partita mi rilassa. Io parlo, parlo e -Per dio!- Se non ve n'ho raccontate delle balle poi!
Voi state qui, seduti con me, e non v'importa chi diavolo sono. Siete onesti, sicuro! Perché io sono Francis Hankock Comiso, quello che al bar sta nell'angolo con una birra mezza bevuta in mano e voi non notate mai.
E non chiedetemi da dove vengo perché l'ho scordato, né quando sarei nato perché quel giorno ammazzavano il figlio del vostro Dio, la mattina e anche se pochi erano attorno a me, m'è andata bene: avevo un alibi di ferro. Nessuno poté sospettare della mia buona fede quando dissi " Sono arrivato adesso, io non c'entro".
Mal sopporto chi odia la mediocrità perché di solito c'è dentro fino al collo. Come tutti del resto.
Sono un serpente nel periodo giusto. L'importante è cambiar pelle. Tiene il meglio e prova ad amare, senza troppo odiarlo, quello che ha.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Va detto che sono vecchi appunti scritti per tnere almeno una foto di quei momenti. La prima parte rigurada appunti lontani quasi due anni. Era un pretesto per allacciarmi ad altri appunti, risalenti ad un anno fa, poco meno. La ragazza di cui parlavo, ora parrebbe star meglio. Almeno l'ospedale sembra un ricordo.
Anche quel che accadde molto prima sembra un ricordo, e su cui riderci sopra. Lo facciamo e sono contento.

Frank H Comiso