martedì 11 marzo 2008

La gabbia

Caro Diario,
anche questa volta ho trovato un cortometraggio nel mio cervello che te lo voglio proprio raccontare. Questa mattina mi sono svegliato con la sensazione di essere un altro, di voler parlare con la bocca di un tizio che non conosco, ricordo appena sfumato il viso, forse l’ho incontrato per la prima volta la notte passata, in sogno, e perciò mi sento stanco, dentro, forse come lui, o forse solo perché non l’ho compreso esattamente, mentre mi diceva andando avanti e indietro, parlando tra sé, come se io non esistessi…”Manderei volentieri un fax a tutti i miei amici da quest'azienda del cazzo per avvisarli che sto chiudendo, sono stanco del nostro mondo… Stressato, come un elastico in mano ad un bambino. Penso traslocherò!… Bella, e dove!?…
Lontano. Non importa quanto mi costerà, sbaracco, liquido e salute a chi passa. Già! Un fax della mia azienda…E come lo mandi? La segretaria l'ha gettato dalla finestra, mentre eri rivolto con lo sguardo perduto appunto, oltre quella finestra, per un istante… scollegato dalle fatture organizzate in pila, per essere scartabellate domani mattina; dal sedere di tua moglie, che come ferma carte sopra il tavolo almeno pesa per qualcosa, dai suoi finti occhiali da intelletualoide di cartapesta; da quel piccolo innocente bastardo d'un cellulare mai sazio di attenzioni, che quando non chiama lui sei così in ansia che devi prenderlo in mano e cullarlo. Romanticismo di nuova generazione, o erotismo autoindotto, ma sempre roba per la nostra ' stra-new generation '. Stavo ad osservare i fumi della città tra il vuoto delle luci spente, e il sibilo, o forse il fischio, del silenzio lungo i corridoi. Era da poco arrivato l'ultimo campanello delle sette, che gli impiegati erano evacuati in massa nel parcheggio dietro la stazione. Due, forse tre secondi in solitudine, e il volto languido della crocerossina tuttofare, da dietro le mie spalle, si riflette sul vetro. Inarca un sorriso e poi…patapaaam…molla la presa delle labbra ed inizia a fustigarmi. In realtà stava solo caricando la balestra, altro che sorriso. Colto di sorpresa non l'ascolterò che verso la fine, al momento del fattaccio. Nel frattempo mi arriva quel suo solito profumato languore, ora però deformato da un inconfondibile stile sadomaso. E bla, bla, bla…ma come le agita il ventre, e le natiche, quel braccio esile buttato con tanta insistenza nella tua direzione. Minaccioso, o semplicemente carnoso? Dovrei sentirmi preoccupato? Dovrebbe fregarmene qualcosa ?… E ancora bla bla bla…perché? Perché non scaricarle addosso il ferma carte, le fatture, il cellulare dentro la scatola che è diventata questa fottuta azienda? Perché ti ci butteresti dentro, anche tu?…bla, bla, bla…E' innocente, lei! Si certo… Ma chi?… non ci credo, via! Aspetta e spolvera per meglio scivolarti vicino. Avanzare ‘on the top’. Tutti cercano il ‘top’, se tu vuoi rovesciarti di sotto, sei malato. Questo bailamme mi confonde…gettarmi addosso a lei? Non voglio perdere più nulla!…violentarla con la cricca di quell'ammasso di rancori, fratelli minori dell'odio, che ti sei calcato in gola da quando sei nato? Merita forse questo…che c'entra la poveretta?…voglio finalmente perdere tutto! Disintegrarmi a pochi metri dal cuore del sole…prima i vestiti, i capelli…infine l'anima. Basterà a pulirla? Aspetta, non essere avventato. Probabilmente nel casino non mi distinguerebbe dal tuo caro divano in pelle, o le faresti schifo come quel mozzicone spento. Sei un mozzicone spento! Non ti puoi nemmeno lasciar calpestare mentre vai a fuoco sul tappeto. Entrerei in lei, costretta ad inalarmi come umido fumo passivo. Odore di vecchio stantio.
Diceva press'a poco che avrei dovuto iniziare a pagarla da quel mese. Magari metterla in regola, farla emergere...emergere? Non l'ascoltavo...Cercava di fregarmi quella.
Deciso ad ignorarla, distraevo i pensieri fissando la città formicolante per l’ultimo frenetico spasmo della giornata. Il ritorno a casa. E' sera anche oggi... e quei fumi...il tramonto li rende ancora più belli e intensi. Il mio pensiero cade sempre più stanco. Ho voglia di lasciarlo rotolare, giù, giù, fin dove arriva. Lì sarà il mio posto. Prima o poi un fondo mi fermerà! Oppure no, fanculo, la melma scura che pompa nel mio cuore continuerà a spingere, e io con lei, a sudare, prodigo ai comandi, per non rallentare le attività umane. Pala in mano, a scardinare il miraggio del fondo, quella vecchia promessa di ogni dio. Già, forse. Fatto sta che quella non mira di centrarmi la nuca con il fax! L'ingrata! La pazza isterica! E io che volevo provarci. Sono ancora il capo, in fin dei conti…”

Nessun commento: